Metti una cena ai tempi del Sandro Romano Impero

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Questa non è un’intervista al gastronomo più famoso di Puglia. No. E non è neppure un’intervista al giornalista e console del Sud Italia dell’Accademia Italiana Gastronomia Storica. Per quella c’è tempo. Questo è solo un semplicissimo post che parla di una cena e di quello che puoi imparare da un amico, Sandro Romano – che conosci da neanche un anno ma che consideri già un fratellone larghilineo – e da una coppia meravigliosa, la dolcissima Anna e Giovanni Mastropasqua, direttore editoriale della guida online Oraviaggiando.

E allora ascolti storie di successo, storie di cadute e rialzate, di sogni realizzati e ancora da realizzare, di grandissime capacità imprenditoriali e voglia di fare. E rivedi le fasi delle tua vita divise in sequenze e fotogrammi. Il tutto corredato da un corso accelerato di fotografia. Paga per l’arroganza e l’incompetenza del fotografo saccente conosciuto la mattina stessa che ti ha fatto iniziare male, malissimo la giornata. Impari i concetti base delle modalità manuali tra uno scatto, un brontolio per la fame e una risata nella cucina di Sandro. Le azioni di disturbo dell’oste non si contano. E così impari anche il significato di mung’ e pung’. Sottofondo musicale: Lu Maritiello di Tony Santagata cantata da Sandro. Convinta di averlo registrato per poi ricattarlo ho usato invece la funzione time lapse dell’iphone anziché video. Anche in questo caso, ci sarà occasione. Più di una.

E poi assaggi una rivisitazione degli spaghetti alla San Giuannidde. La versione originale? Non l’ho mai mangiata. Ma c’è tempo anche per quella. Spaghetti del Pastificio Gentile di Gragnano – eccezionali – con pomodorini gialli, aggiunta di quelli rossi, acciughe e capperi. E tocco di classe, eau de polpò. Acqua du pulpe, per dirlo alla barese. Che poi assomiglia anche al francese. Così dicono. “Per accentuare il sapore di mare delle acciughe”, dice lo cheffo del blog Sandro Romano Impero.

Segue una chicca. La tiella di polpo tipica di Gaeta. La tiella è un termine dialettale per indicare la teglia all’interno della quale si cuoceva questa pizza. Un po’ quella che oltreoceano si chiama “pie” e da noi torta salata farcita. L’impasto è quello del pane. La preparazione non sembra così laboriosa. Basta stendere un disco di pasta. Lessare il polpo nella sua acqua (“u pulpe se cosce jinde à ll’acqua soje”, il polpo si cucina nella sua acqua), tagliarlo a pezzetti, condirlo con tanto olio, pomodorini, olive di Gaeta, peperoncino, prezzemolo e basilico (nella ricetta originale però non c’è). Si copre con un altro disco di pasta. Si chiudono bene i bordi. Si fa un buchetto al centro, ci si soffia dentro. Non chiedetemi il perché. In forno e via con la cottura. Il risultato è strepitoso. Da bis. Tris.

La malasorte del polpo chiude la cena. Siamo tutti un po’ tristi per quel povero mollusco cefalopode ottopode. Perché il polipo polpo barese è un po’ sfigato davvero, come racconta Vito Bellomo nella sua poesia che io ascolto insieme ai miei amici attentamente cogliendone non solo il significato, ma, pensate, afferrando pure quasi tutte le parole! Due anni in Puglia e ho fatto progressi tentacolari. E Sandro ti racconta tutta la vita del polpo che manco National Geographic. Dalle sue nuotate dietro agli scogli al freddo bancone della pescheria.
Scopri che non ci sono pescherecci, ma barchette con remi spaiati che si muovono molto lentamente tra le onde. Attaccati all’amo, come esca, in fila, la zampa di gallina, il granchio favollo detto anche “pelosa” da non confondersi con la cozza, un pezzo di straccio bianco. Attenzione a quando si estrae dall’acqua a non farlo scappare, si deve essere pronti ad afferrarlo al volo perché se il polpo rimane qualche secondo in più in superficie si rischia che molli tutto ritornandosene sul fondo in pochi secondi. Si stendono i tentacoli, spiega Sandro, e gli si dà nu muèzzc’ngàp, un morso in testa. E lo si uccide. Così. Brutalmente. Ma la tortura continua. Anche se è già morto. Si sbatte ripetutamente sugli scogli, la carne si intenerisce, i tentacoli si arricciano e diventano croccanti. Arricciatura e schiumatura sono le prime due fasi. E poi si muove avanti e indietro, come quasi a cullarlo, in un cesto d’ulivo fino a formare una schiumetta bianca. Lo si mangia anche e soprattutto crudo. E più i polpi sono piccoli più sono pregiati.
Riporto qui sotto la poesia che spiega la malasort du pulp bares. Lui sarà pure sfortunato. Ma io sono fortunata ad avere amici così.
Non c’è nessuna foto con la sottoscritta. Ma giuro che c’ero.

La malasort du pulp bares
‘Mmènz a tutt l’anmàl ca stònn o’mùnn
stè iùn ca ind a’mmàr, a’ffùnn a’ffùnn,
pass la vita sò jìnd a nu mod stran,
dìscjn ca iè fess e ca mà advent’anziàn…..
……U pulp! Tìnr d’cor, d’la plòs iè‘nnamràt
e stu fatt, sop alla terr, tant s’ha sputtanàt,
ca p’pizzcàu non gj’vol tand’esperiènz,
avàst nu spag, nu stezz d’plòs e la pascènz.
La chèdd du pulp,allòr, iè na vit’amàr,
ma u’chiù sfrtnàt iè cudd ca nàscj a Bbàr:
la vita so, iè normàl, all’ald vànn d’la tèrr,
ma ddò p’jìdd iè na traggèdj, iè pèscj d’na uèrr.
Appèn ven pizzcàt, accòm ved la prima lùscj,
all’anvàm nu muèzzc’ngàp, angòr s’n’fùscj;
e minz stirdsciùt, pu dlòr e pu scjkànd,
ind a’nnudd s’send’trà tutt l’malàndr.
Non fàscj’attìmb a pnzà: ”Ma cuss iè mmàtt?”…
Ca u’Barès u’auànd e u’accmmènz a sbatt
k’tutt la forz e l’nirv sop all chiangùn,
l’cirr s’arrzzèscjn e ièss tanda scjkùm.
La tortùr non ha frnùt, u Barès insìst
e fort scduèscj u’pulp ind o’canìstr:
cert, p’tutt esìst la nascìt, la vit e la mort,
ma chedd du pulp barès iè na vera malasòrt!

Traduzione in italiano
La malasorte del polpo barese
Fra tutti gli animali che esistono al mondo
ce n’è uno che, nel mare più profondo,
vive la sua vita in un modo strano,
dicono sia un ingenuo e che mai diventi anziano.
….. Il polpo, tenero di cuore, è, del gambero, innamorato
e sulla terra, questo, è tanto noto,
che, per pescarlo, non occorre tanta esperienza:
basta uno spago, un pezzo di gambero e la pazienza.
Quella del polpo è, allora, una vita amara,
ma il più sfortunato è quello che nasce a Bari:
la sua vita è normale, nel resto della terra,
ma qui, per lui, è peggio di una guerra!
Appena viene pescato e vede la prima luce,
subito un morso in testa, perché non scivoli via;
e, mezzo stordito dal dolore e dallo spavento,
in un attimo si sente già svuotare il ventre.
Non ce la fa più e pensa: -Ma questo è matto!-
Ma il Barese lo afferra e comincia a sbatterlo
con tutta la forza e i nervi sugli scogli,
i tentacoli si arricciano e fanno tanta schiuma.
La tortura non è finita, il Barese insiste,
e con forza muove il polpo dentro un cesto;
certo, per tutti esistono la nascita, la vita e la morte,
ma quella del polpo barese è una vera malasorte!

Il video su youtube

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Spettacolo.

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Giovanni Mastropasqua, the only one!

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Si amano.

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Sandro con la tiella di polpo di Gaeta. Mossa, mossissima. Mannaggia!

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About pasta loves me

Giornalista professionista, laurea in lingue e letterature straniere e un master in Social Communication. Piacentina d’origine, pugliese d’adozione dal 2012, cresciuta a tortelli e gnocco fritto, impara a cucinare in Canada, a Toronto, dove ha vissuto sei anni e dove ha lavorato per il quotidiano italiano Corriere Canadese. Oltreoceano scopre una diversità culinaria etnica senza confini. Da allora la sua vita cambia. Cucina e ristoranti diventano luoghi interscambiabili di idee, progetti, tradizioni e passioni. Ama assaporare, provare, gustare. E fare foto. Conduce su Telenorba e TgNorba24 la trasmissione “I colori della nostra terra”, un programma che parla di ruralità, agroalimentare ed eccellenze enogastronomiche della Puglia. Ha collaborato con I Love Italian Food e il Cucchiaio d’Argento ed è spesso chiamata a far parte di giurie di eventi a carattere enogastronomico e di concorsi legati al mondo della pizza. Recensisce pizzerie per guide cartacee e online. Nel 2011 crea Pasta Loves Me, un blog che parla di lei, di pasta, food e lifestyle. È fondatrice e responsabile di Puglia Mon Amour, un’avventura che vive con gli occhi curiosi di turista e l’entusiasmo di un’innamorata per una terra che regala ogni giorno emozioni, genuinità e solarità. Ha la pizza napoletana nel cuore e tutto quello che rende felice il suo palato. E vive con una certezza: la pizza non le spezzerà mai il cuore.

One comment

  1. La Tiella è un piatto antico,piatto tipico di Gaeta costituita da due sottili strati di pasta che racchiudono un ricco ripieno. Qui a Gaeta la mangiamo con varie farciture ad esempio scarola e baccalà, cozze e zucchine, calamari, la tiella di spinaci e olive, la famosissima tiella di polpo e altre ancora! La tiella di Gaeta è una vera prelibatezza, se si ha la possibilità di venire nella nostra splendida città non si può fare a meno di provarla!

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